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Penso che uno dei modi per dare concreta attuazione all’articolo 35 della nostra Costituzione sia la stabilizzazione dei posi di lavoro precari.
Si tratta di un obiettivo doveroso, che la politica locale e nazionale non può e non deve ignorare.Si tratta di un fine che, se raggiunto, ha ricadute pratiche importanti sia sul piano della tutela della dignità del lavoratore, sia a livello micro e macroeconomico.
È per questo che sono particolarmente orgoglioso del fatto che il provvedimento volto a stabilizzare i precari della Pubblica Amministrazione, da me firmato assieme al consigliere Pietro Paviotti, sia stato approvato, la scorsa settimana, dal Consiglio Regionale.
Il raggiungimento di questo obiettivo consentirà, nel biennio 2018-2020, alle UTI e agli enti locali del Friuli Venezia Giulia di stabilizzare i propri dipendenti precari.Il tutto, chiaramente, nei limiti del vincolo di bilancio, un altro “contrappeso” costituzionale che da qualche anno a questa parte deve essere pienamente considerato dal bilancino di giudici e legislatore.
L’emendamento proposto e approvato aggiunge due rilevanti novità alla riforma Madia.
In primo luogo, infatti, si prevede che il computo dei tre anni di lavoro precario necessari per la stabilizzazione sia possibile fino al 2018. In secondo luogo, i periodi lavorativi rilevanti al fine del computo di cui sopra potranno essere maturati negli otto anni precedenti la scadenza, anche non consecutivamente.
Dietro ai numeri, i valori: se l’uomo, molto spesso, si identifica (anche e soprattutto) in ciò che fa, in ciò che crea nella vita quotidiana, la politica deve fare tutto il necessario per evitargli un’esistenza “in bilico”.
Mai come in questo caso la stabilità del singolo diventa sinonimo di stabilità del sistema.